L’olivo

1 Marzo 2022 by - Articoli

L’olivo

In Abruzzo l’olivo ha rappresentato da sempre un importante valore identitario, tanto che le sue rappresentazioni stilizzate sono presenti negli stemmi araldici delle antiche casate locali.  La coltivazione dell’ulivo era assai praticata sin dall’antichità: Virgilio testimonia la presenza di oliveti nella Marsica, Ovidio parla della produzione di olio in Valle Peligna, Silico parla di Penne, nel Pescarese, come la “verdeggiante” in virtù della presenza di olivi che ancora oggi ne fanno una delle zone più produttive della regione.

La semplice lettura morfologica dei paesaggi antropizzati dall’attività agricola evidenzia una vasta gamma di porzioni di territorio con piantagioni ordinate e regolari di ulivi. Ma il paesaggio attuale è una evoluzione recente, conseguenza del passaggio della conduzione delle colture dal mezzadro, all’agricoltore e all’imprenditore.

L’olivo in Abruzzo è l’interprete storico e contemporaneo dell’evoluzione del paesaggio agrario a paesaggio rurale. Nel recente passato la mezzadria, riconosciuta come storica forma di conduzione delle aziende nell’Italia centrale, ha sicuramente condizionato la gestione degli oliveti. L’olivicoltura, infatti, in tale contesto, rappresentava una coltura secondaria perché considerata marginale alle attività principali quali la cerealicoltura e la zootecnia. La conferma di questo prevalente orientamento del sistema colturale è data dall’adozione di sesti di impianto senza schemi precisi, tipici di colture arboree perimetrali o consociate a colture prioritariamente erbacee.

Tuttavia, a queste particolari realtà territoriali si contrappongono significativi esempi di forte identità produttiva olivicola che si riscontrano nel comprensorio vestino, in particolare nei comuni di Moscufo e Pianella, caratterizzati dall’elevata specializzazione colturale e dalla diffusa presenza della varietà locale Dritta. Risultato di una selezione secolare fortemente legata al territorio sono: la Police o Toccolana, presente nei comuni di Tocco da Casauria e Castiglione a Casauria, la Castiglionese, impiantata negli oliveti di Castiglione Messer Raimondo, la Carpinetana, denominata anche Pizzutella, coltivata a Carpineto della Nora, Civitaquana, Civitella Casanova, Vicoli e in misura minore in altri comuni della collina interna della provincia di Pescara, e l’Intosso per Lanciano e i comuni vicini, in provincia di Chieti.
Varietà di origine toscana ma ampiamente diffusasi in regione a partire dagli anni ’60 e divenuta ormai una delle varietà più rappresentative del patrimonio olivicolo abruzzese, è Leccino o Leccio.

L’Abruzzo rappresenta indiscutibilmente una delle aree olivicole italiane di pregio, con una superficie di 45.000 ettari e una produzione di circa 140.000 tonnellate di olive; annualmente si ricavano, nei 600 frantoi presenti sul territorio regionale, circa 24.000 tonnellate di olio extravergine di qualità. A conferma di questo riconoscimento la regione Abruzzo vanta la produzione del primo olio italiano ad avere ottenuto il riconoscimento DOP nel 1996 con l’Aprutino-Pescarese, a cui hanno fatto seguito le denominazioni Colline Teatine e Pretuziano delle Colline Teramane.

L’olivo e l’olio nella tradizione popolare

Nelle tradizioni folcloristiche abruzzesi l’olio e l’ulivo hanno un posto di notevole importanza. L’olivo è il più prezioso degli alberi perché nulla di esso va perduto: è segno di pace dai tempi di Noè e in Abruzzo veniva scambiato tra gli sposi e le famiglie per rinsaldare i vincoli dell’amicizia. L’olivo ha visto il trionfo di Gesù a Gerusalemme e la sua agonia nell’orto, la sua morte sulla croce che, sembra fosse fatta del suo legno, un rametto di ulivo benedetto viene messo in capo al letto per avere la buona notte, l’olivo della domenica delle Palme è conservato per scongiurare la tempesta che minaccia il raccolto, è cenere di olivo quella che viene messa sulla testa il mercoledì delle Ceneri oppure sparsa nei campi per tenere lontano i malefici, è legno di olivo il “tecchio” che la notte di Natale si mette a bruciare nel focolare con dodici pezzetti più piccoli a ricordare Gesù e i dodici Apostoli. (fonte)

L’olio è presente nei riti offertori e purificatori, è offerto ai santi e ai defunti, è lucente sul corpo degli atleti nel mondo greco-romano, rappresenta in tutte le culture l’alleanza tra Dio e gli uomini e il suo carico di simboli religiosi è ancora vivo nelle tradizioni popolari abruzzesi.

L’olio è simbolo della luce nella tradizione popolare e l’albero e i suoi frutti si presentano con un carico di significati e di valori presenti in molte leggende, come quella secondo cui avrebbe protetto la Madonna col bambino, giunti in Abruzzo per sfuggire ai giudei, a nascondersi fra i rami di un ulivo che poi si trasformarono in capanna.

L’uso dell’olio era poi indispensabile in certi rituali magici, come quello per combattere il malocchio: se le gocce d’olio, versate in un patto pieno d’acqua, rimanevano intere, significava che il malocchio era stato scacciato via. (fonte)